Sanità, l’associazione “Ali di Vibonesità” lancia un fronte comune per la tutela della salute

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rubens curia

Un fronte comune per dire basta alla mala gestione della sanità ed ai disagi ormai spinti al limite del sopportabile in una provincia in cui il diritto alla salute ha ormai perso ogni tutela. Un fronte comune per mettere assieme tutte le “anime ribelli” sparse tra mare e monti del Vibonese e puntare con la necessaria determinazione ad un confronto democratico ed efficace sulle mille cose da fare per ridare dignità e fiducia a quanti ormai stentano a trovare punti di riferimento in grado di alleviare la loro sofferenza. E’ questa la sfida partita dalla sala convegni della biblioteca comunale gremita da rappresentanti di associazioni, comitati, sindaci e medici di base. L’incontro organizzato da Peppe Sarlo, portavoce dell’associazione “Ali di Vibonesità”, doveva segnare il punto di partenza di un percorso comune che, mettendo al bando campanilismi, interessi di bottega, condizionamenti e strategie partitiche, punti decisamente ad invertire il trend negativo che sta cancellando la sanità sull’intero territorio provinciale. L’esito del dibattito non ha di certo deluso le aspettative e, ora, l’obiettivo prioritario appare chiaro: spazzare via il torpore che regna nelle stanze della Regione, dell’Asp e anche dei Comuni per ridare spazio a strategie gestionali che, utilizzando tutti i fondi disponibili, mettano a disposizione degli utenti sanitari una rete d’assistenza al passo con i tempi. Basta ritardi, basta compromessi, basta inutili attendismi. La sanità così com’è non serve a nessuno.

Le disfunzioni del sistema rischiano di rendere fatale anche la più banale malattia. Oltre tre ore di dibattito, comunque, sono servite a delineare un quadro drammatico della sanità vibonese diventata davvero un peso insostenibile, mentre ci sarebbero tutte le condizioni per far sì che la stessa possa rappresentare una risorsa. I lavori, moderati da Peppe Sarlo, hanno preso il via con una dettagliata relazione del cardiologo Soccorso Capomolla, che, aiutandosi con articolati slides, ha “certificato” lo stato comatoso della sanità in Calabria e nel Vibonese con conseguente incremento dei viaggi della speranza fuori regione. I dati forniti hanno “spaventato” la platea, ma ad avvalorarli hanno contribuito i contenuti degli interventi dei rappresentanti del territorio (Giuseppe Maria Romano, Giuseppe De Caria, Mimmo Pagano, Michele Morabito, Bruno Rosi), del capoluogo (Domenico Teti, Rosario Losiggio, Pino Conocchiella), dei medici (Antonino Maglia, Giusi Borello), dei sindaci (Fabio Signoretta, Cosimo Piromalli, Peppe Condello) e della Cri (Caterina Muggeri).

Non è mancato un significativo “botta e risposta” tra Mimmo Pagano, che ha posto in evidenza, con forza, lo “scempio” della guardia medica di Nicotera attiva a singhiozzo, e il direttore del Distretto, Raffaele Bava, a parere del quale i disservizi sarebbero legati al fatto che a Nicotera non vorrebbe venire nessun medico <perchè il territorio è troppo vasto>. Se così fosse, per dimezzare il territorio basterebbe riaprire la guardia medica di Limbadi. Perchè l’Asp non provvede? Per inciso, nessun contributo è arrivato da parlamentari e consiglieri regionali del Vibonese che Peppe Sarlo s’è premurato di ringraziare <per l’assenza>. Il pessimismo non ha accompagnato sino in fondo il dire di Rubens Curia, portavoce di “Comunità Competente”. A suo parere, il cammino da fare è pieno di ostacoli e l’incombente regionalismo differenziato potrebbe mettere una pietra tombale sulla sanità calabrese. Partendo, però, <dalla farina che abbiamo> (medici di base, specialisti ambulatoriali, peculiarità aree interne e marittime) e <andando oltre la maledizione dell’autoreferenzialità> si può arrivare a cambiare ogni cosa anche perché spesso <le grandi riforme nascono dai movimenti e dalle associazioni>.

Pino BrosioAuthor