Il dissesto non è più un’ipotesi. Il sovraordinato della commissione straordinaria Pino Curciarello, ex art. 145 del Testo unico enti locali, ed il responsabile dell’Area finanziaria Angelo Grande, hanno completato il loro lavoro di ricognizione della situazione debitoria dell’ente comunale e, a breve, consegneranno la loro relazione alla commissione straordinaria alla quale compete la scelta finale. Gli spazi di manovra, peraltro, sono alquanto limitati: o si va verso un piano di riequilibrio oppure si punta sul dissesto. I nodi, in sostanza, sono arrivati tutti al pettine. Ci sono tutte le cifre dello sfascio e c’è una sola certezza: qualunque sia la scelta della commissione straordinaria a pagare le conseguenze che ne deriveranno sarà, ancora una volta, la collettività. La situazione del Comune, in ogni caso, è stata già rappresentata alla sezione della Corte dei Conti di Catanzaro, che lo scorso settembre aveva sollecitato alla triade commissariale ed al revisore dei conti una miriade di chiarimenti. Stesso discorso è stato prospettato giorni fa al dipartimento Finanza locale del ministero dell’Interno. In entrambi i casi il suggerimento dato dalle istituzioni competenti alla delegazione comunale avrebbe un unico sbocco: il dissesto. In alternativa, il piano di riequilibrio. Il nuovo “fallimento” dell’ente mette radice soprattutto nella voragine creata dalla Sogefil, società di riscossione che tra il 2005 ed il 2012 ha evitato di versare al Comune oltre otto milioni di euro ossia lo stesso importo che ora sta costringendo la commissione straordinaria a navigare verso il dissesto. I dati contabili parlano chiaro.
La situazione di cassa a fine ottobre 2017 presenta un totale di somme vincolate e pignorate pari a 4,2 milioni, mentre il fondo cassa è di circa 2,1 milioni con uno squilibrio grosso modo pari a quest’ultimo importo. A verifiche ultimate, la situazione debitoria del Comune ammonta a quasi nove milioni, di cui circa 3,2 milioni in quota debito di bilancio e circa 5,6 milioni in quota debiti fuori bilancio. Gli esborsi più impegnativi sono quelli che nelle vesti di creditori vedono la Provincia (130mila euro), Regione (2,4mln), Enel Energia (971mila), Edison energia elettrica (600mila), Comune di Vibo (111mila). Voce spesa non secondaria anche quella riguardante le spese legali (circa 180mila euro) e le sentenze (quasi 600mila euro). C’è, poi un’altra “rogna” che pesa sul bilancio per altri 500mila euro circa e relativa al mancato pagamento di un terreno esproprio. La durata del dissesto è fissata in cinque anni, ma nulla esclude che le procedure possano concludersi prima. Nelle casse comunali, infatti, ci sarebbe disponibilità di 1,2 milioni quale residuo del mutuo contratto dalla Giunta Pagano per pagare i debiti, mentre almeno altri 2 milioni potrebbero arrivare dall’invio dei ruoli dell’acqua e dello smaltimento rifiuti relativi agli anni 2016 e 2017. In caso di dissesto, utilizzando la procedura semplificata, il debito potrebbe attestarsi attorno ai 4,5 milioni. Tre sarebbero già in cassa, il resto potrebbe essere recuperato con una gestione sana ed oculata, mentre nella legge finanziaria potrebbero essere previsti fondi per opere pubbliche riservati ai Comuni sciolti per mafia. Il piano di riequilibrio durerebbe, invece, dieci anni salvo non venga raddoppiato il termine dall’ultima Finanziaria.
Il quadro dei “disagi” muterebbe di poco. In ogni caso, l’ente dovrebbe pagare una rata annua di circa 800mila euro il che equivarrebbe, comunque, ad una pesante penalizzazione delle attività gestionali. La dichiarazione di dissesto che sta per piovere su palazzo Convento, sede municipale, se da una parte punta a risanare il bilancio dell’ente, dall’altra si porta dietro un mare di conseguenze che investono non solo gli aspetti finanziari, ma anche quelli sociali. Intanto, mettendo in previsione la procedura semplificata del default, il debito del Comune potrebbe abbattersi per una percentuale compresa tra il 40 ed il 60% qualora imprese, enti e privati dovessero accettare la proposta dei tagli al credito da parte dell’organo straordinario per la liquidazione in cambio di un pagamento entro 30 giorni della rimanenza del credito vantato. Dalla data di dichiarazione del dissesto, non sarà possibile contrarre mutui e fare investimenti. Non sarà possibile neppure assumere personale e questo è problema non secondario atteso che entro il 2019 una decina di dipendenti sarà collocata in pensione. Con l’organico già sottodimensionato sarebbe esposta a rischio collasso l’intera macchina amministrativa. I cittadini, invece, vedrebbero proiettate al massimo le aliquote tributi e tasse locali con eccezione del servizio idrico e dello smaltimento rifiuti il cui costo dovrà essere coperto dalle entrate. Interessati anche i servizi a domanda (mensa scolastica, scuolabus, asilo nido, ecc.) il cui costo graverà per il 36% sugli utenti. Gli amministratori ritenuti responsabili del dissesto non potranno candidarsi per dieci anni. Anche per i revisori dei conti potrebbero esserci responsabilità.