Hanno bussato a mille porte, mille porte non si sono aperte. La loro rabbia è rimasta sempre rabbia. E li ha logorati dentro. Gli ex dipendenti degli enti locali transitati nei ruoli dello Stato in seguito al varo della legge 3 maggio 1999, n.124 (76mila in Italia, circa 3mila in Calabria e circa 200 nel Vibonese), non sanno più a che santo votarsi per avere il riconoscimento giuridico ed economico del servizio prestato negli enti locali.
La politica, in sostanza, li ha prima illusi facendo intravedere loro la possibilità di una posizione lavorativa meglio remunerata col passaggio nei ruoli statali e, poi, li ha mortificati azzerando i loro diritti (art.1, comma 218, legge 23.12.2005, n.266); la giustizia, poi, li ha umiliati adottando sentenze diverse a parità di condizioni e di competenze; le istituzioni, pur sollecitate più volte, non hanno mai offerto neppure un sostegno morale. Per assurdo, tra le fila del personale in questione oggi, sempre a parità di condizioni e mansioni, si sono create tre fasce: la prima è quella di coloro che, con sentenza passata in giudicato, hanno avuto l’inquadramento di loro spettanza e non hanno nulla da temere; la seconda comprende i lavoratori che devono restituire somme consistenti per avere avuto l’inquadramento con sentenza favorevole del tribunale, ma non passata in giudicato per l’intervenuta approvazione del comma 218; la terza include quelli che hanno perso il ricorso al tribunale, non hanno mai avuto alcun riconoscimento e hanno sempre percepito circa 400 euro mensili in meno rispetto ai loro colleghi. Ora, comunque, navigano tutti in brutti acque e, aggrediti dalla disperazione, s’aggrappano ad una proposta di legge presentata l’8 agosto scorso dal deputato lombardo del Pdl Giorgio Jannone e non ancora posta in discussione alla Camera. La stessa chiede l’abrogazione del comma 218, art. 1, legge 23.12.2005, n.266 e, di conseguenza, il giusto trattamento giuridico ed economico dei lavoratori. Il percorso è lungo. Emblema dei disagi provocati dalle trattenute sugli stipendi percepiti sono alcuni ex dipendenti enti locali che vivono tra la città e la zona delle Serre. Francesco Giancotti, 56 anni, sposato e padre di un figlio disoccupato, fa parte della seconda fascia degli ex dipendenti degli enti locali. «Lo Stato – racconta – mi chiede la restituzione di 34mila euro. Nello stipendio di ottobre mi sono ritrovato una trattenuta di 443 euro che aggiunta alla rata di un mutuo contratto con una finanziaria fa scivolare il mio stipendio a 418 euro». Una mazzata tremenda anche perché «oltre al fatto che il tenore di vita della mia famiglia – sottolinea l’ex dipendente enti locali – s’è abbassato drasticamente, sono crollati tutti i progetti e io, stretto nella morsa tra avvocati, tribunali e debiti non so dove sbattere la testa». Ancora più sconcertante la situazione di Giancarlo Fanetti, pensionato, tre figli disoccupati e di fatto separato dalla moglie anche in conseguenza delle incomprensioni legate alle intervenute difficoltà economiche; si ritrova anche lui a fare i conti con le trattenute sullo stipendio. «Sono andato in pensione con un mensile di 1200 euro – spiega –. Oggi mi ritrovo con un mutuo di 700 euro per l’acquisto della casa e una ritenuta di 336 euro per 60 mesi. In sostanza devo andare avanti con 200 euro di pensione».
Ma non è solo questo. «La mia famiglia è andata a rotoli – aggiunge il pensionato – Vivo con mia madre, 97 anni, in una casa datami in uso dalla mia ex moglie. Non riuscendo più a far fronte neppure alle piccole spese, è lei che, nei limiti del possibile, mi sostiene economicamente. Le mie relazioni sociali comunque sono finite. Psicologicamente sono crollato. Ho messo in vendita anche la macchina perché non ho come mantenerla». É in attesa che gli venga determinata la trattenuta, anche, un altro ex dipendente ee.ll. che preferisce non venire allo scoperto. «Aspetto – dice – che mi venga comunicata l’entità della mazzata. Ho due figli, uno studia a Bologna e l’altro a Pisa. Quasi sicuramente dovrò riportarli in Calabria. É una decisione che m’angoscia, ma che mi pare inevitabile».