Ricadi, domani seggi aperti per il referendum. Mirabello: il cambio di denominazione è un’operazione inclusiva

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La campagna referendaria s’è chiusa nel segno della mestizia. Ieri sera, infatti, la manifestazione conclusiva del coordinamento del “sì” è stata annullata per solidarietà verso i familiari del fotografo Pino Pugliese scomparso improvvisamente. Seppur in clima di tristezza, resta, comunque, ancora un giorno per riflettere, valutare, decidere e per giocare le ultime carte. Domani, dalle 8 alle 21 entrando nelle cabine dei sei seggi dislocati sul territorio (uno a Ricadi, due a Brivadi, uno a Ciaramiti e due a Santa Domenica) gli elettori che vorranno rimanere ancorati a storia, tradizioni e identità sbarreranno il “no”; quelli, invece, che vorranno puntare sul rilancio dell’immagine del territorio sbarreranno il “si”. Per certo, perderanno in partenza tutti quelli che sceglieranno di starsene a casa e che non potranno mai dire di aver giocato un ruolo in un giorno storico per il paese.

Gli aventi diritti al voto sono circa quattromila, ma ad infilare la scheda nell’urna, probabilmente, saranno poco più della metà. Peraltro, per i referendum consultivi regionali non è previsto alcun quorum e, quindi, qualunque sia il numero dei votanti, il risultato sarà valido. Il consigliere regionale Michele Mirabello, promotore del referendum, sa di giocare una partita importante. <E’ stato un errore – dice – politicizzare il referendum focalizzando l’attenzione sulla mia persona. Oggi ci sono, fra tre anni potrei rimanere fuori. Il nome del Comune, invece, resta ed i cittadini dovrebbero decidere tralasciando le beghe politiche>. Peraltro <il cambio di denominazione – spiega – è un’operazione inclusiva a livello sociale. Non si difende l’identità arroccandosi. Ci troviamo di fronte ad una realtà dinamica che si spalanca al mondo intero. Nessuno vuole ghettizzare Ricadi – prosegue – perché il capoluogo e le sue sette frazioni dal cambio di denominazione del Comune non potranno che trarre nuovo slancio>.

Mirabello, infine, ribadisce che <cambiando nome, il ritorno economico non sarà solo per il turismo, che oggi conta 5mila addetti, bensì per tutto l’indotto>. A suo avviso il rilancio del territorio provocherà anche una valorizzazione dei terreni di tutto il comprensorio. Peraltro, il cambio di denominazione del comune non è una novità dell’ultimo momento, ma un qualcosa in cammino da almeno un decennio. Lo stesso “brand” Capo Vaticano viene usato tempo dagli operatori turistici. In teoria, anche la frazione di Santa Domenica, che oggi tende ad “appoggiarsi” su Tropea, potrà recuperare un’immagine diversa e più accattivante calandosi a pieno titolo nel contesto di Capo Vaticano, località ormai nota a livello internazionale.

Pino BrosioAuthor