Il referendum sul cambio di denominazione del comune si celebrerà il prossimo 26 marzo, ma l’iniziativa rilanciata da Michele Mirabello e approvata con voto unanime dal consiglio regionale nella seduta del 21 novembre 2016, almeno per il momento, non sembra scaldare gli animi. Il dibattito stenta a decollare. In campo c’è già un comitato per il sì, mentre l’amministrazione comunale guidata da Giulia Russo sembra orientata a non operare alcuna pressione nelle libere scelte dei cittadini. Posizioni ancora incerte tra gli operatori turistici. Quasi tutti avrebbero preferito che la denominazione Ricadi venisse sostituita con quella di Capo Vaticano e basta. Non essendo più questa una via allo stato percorribile probabilmente si accontenteranno di sostenere il sì per “Ricadi-Capo Vaticano”. I promotori del referendum dovranno fare i conti anche con l’astensionismo. Al momento giusto, infatti, potrebbero prendere corpo la strumentalizzazione politica, il disinteresse per l’iniziativa, l’incertezza sulla scelta da fare, il velato, ma non troppo, campanilismo tra il capoluogo e la zona costiera. Per capire cosa bolle in pentola ci sarà da aspettare almeno una ventina di giorni. Il tempo, cioè, che la competizione esca dall’attuale fase di studio per entrare in quella più calda che precede sempre il voto.
Per Ricadi capoluogo e frazioni limitanti è previsto un seggio destinato a circa 700 votanti. Un altro seggio con 1200 votanti accoglierà i residenti nelle frazioni di San Nicolò e Brivadi, mentre il grosso dei votanti (circa 2000) è concentrato nel seggio di Santa Domenica. I primi sondaggi tra gli addetti ai lavori riscontrano una situazione di equilibrio a Ricadi, uno sbilanciamento a favore del sì nella zona di San Nicolò e una tendenza al no a Santa Domenica. <Le contrarietà legate a motivazioni politiche o a convincimenti personali – sostiene il consigliere regionale Michele Mirabello – non mancano di sicuro. Il referendum è accompagnato da una certa diffidenza. Parecchi cittadini sostengono che le priorità per il paese erano altre e le energie bisognava canalizzarle su altre emergenze. In realtà, il Comune non sta impegnando risorse proprie – aggiunge – perché le spese saranno coperte da fondi regionali che non possono avere altre destinazioni se non quella di coprire le spese referendarie>. Peraltro <il referendum – rimarca Mirabello – non limita le prerogative di nessuno, anzi offre l’occasione storica di affiancare alla denominazione di Ricadi un brand noto a livello mondiale. Si tratta di riconoscere formalmente una realtà già esistente. Nel merito si è tutti d’accordo. Il territorio non cambierà il suo destino, ma, di certo, farà un piccolo passo avanti per uscire dalle difficoltà attuali>.