<Ho accettato volentieri questo compito perchè per cambiare questo territorio bisogna partire dai giovani e dalle scuole>. Sono le parole del procuratore aggiunto Marisa Manzini che ieri mattina, dopo anni di attesa, hanno fatto un po’ da taglio del nastro per l’Università dell’Antimafia approdata all’avvio dei corsi con un seminario tenutosi proprio in una delle ville confiscate alla famiglia dei Mancuso. Un chiaro messaggio dello Stato che nell’operoso centro del Vibonese ha investito ingenti risorse per portare a buon fine un progetto partito nel 2008 e avente per obiettivo prioritario l’educazione dei giovani al rispetto delle regole e al rifiuto della cultura mafiosa. Una scuola dell’Antimafia guidata da una triade rosa e che già ieri ha visto salire in cattedra i suoi punti di forza seri, credibili, efficaci. Oltre al procuratore aggiunto Marisa Manzini, presidente del Comitato scientifico, hanno giocato un ruolo importante Adriana Musella, presidente di “Riferimenti”, e Mariarosaria Russo, dirigente scolastico del “Piria”. Da tutte e tre sono partiti segnali forti a testimonianza di una gran voglia di operare senza timori su un territorio difficile usando come grimaldelli per scardinare un sistema comunque <soggetto a fibrillazioni> la cultura della legalità, i valori della democrazia e della libertà, il desiderio di affrancare il tessuto sociale da ogni forma di pastoia, il bisogno di inculcare nei giovani l’idea che il cambiamento non è utopia.
Un lavoro non semplice, ma neppure privo di prospettive perchè le premesse di ieri, pur nella totale assenza della politica, si sono rivelate alquanto convincenti. Quando Marisa Manzini, nell’intervento della sessione mattutina, parlando di ‘ndrangheta, ha lanciato l’hastag “Se la conosco la vinco” la platea lo ha fatto proprio. Sul magistrato, peraltro, è piovuta la solidarietà di tutti i presenti per gli attacchi subìti da parte di un esponente dei Mancuso durante un’udienza nel Tribunale di Vibo. Perentorie le parole di Adriana Musella: La Manzini non solo non sta zitta, ma qui non starà zitto nessuno! Presenti un centinaio di studenti del liceo scientifico “Piria” di Rosarno e dell’Ite di Laureana di Borrello, i relatori hanno ricostruito la storia della ‘ndrangheta. Al microfono, oltre alla triade dell’Antimafia rosa, si sono alternati il giornalista Claudio Cordova e il presidente della Confapi Francesco Napoli. Il primo ha offerto una articolata sintesi dell’evoluzione ‘ndranghetista, mentre il secondo s’è soffermato sul ruolo delle imprese puntando il dito contro la “zona grigia” che s’annida nella pubblica amministrazione.
La sessione pomeridiana ha preso il via con una commovente testimonianza di Vincenzo Chindamo, fratello di Maria, la donna scomparsa lo scorso 6 maggio alla periferia di Limbadi. Al suo appello a non lasciar cadere nell’oblìo la vicenda della sorella hanno subito fatto eco le parole del procuratore Manzini che ha manifestato ammirazione per <una famiglia che non vuole arrendersi in una terra in cui tutti stanno zitti> garantendo che le indagini procedono a tutto campo anche se trovano limiti nel silenzio di chi sa e non parla. Poi l’avv. Giovanna Fronte e la sua collega Giovanna Cusumano hanno acceso i riflettori sul ruolo delle donne vittime della cultura mafiosa rimarcando anche tutti i limiti di una regione in cui ancora <il 70% delle ragazze aspettano l’8 marzo per poter andare in pizzeria>. La prima giornata del seminario s’è conclusa, sempre parlando di donne di mafia, con l’intervento di Marisa Manzini. Oggi l’appuntamento è col viceministro Bubbico.