Il sussidiario di storia e geografia “Mappamondo 5” edito da Fabbri-Rizzoli in collaborazione con Erikson e ritirato nei giorni scorsi nelle scuole primarie di tutta Italia per degli errori riscontrati da maestri, genitori e alunni, ritorna nelle classi che lo avevano adottato. La casa editrice ha, infatti, provveduto a tempo di record a ristampare le pagine al centro delle polemiche, sostituirle con le nuove e a ridistribuire il libro agli scolari. Il caso, almeno per il momento, è risolto. Gli errori sono stati corretti, ma è fuor di dubbio che la vicenda abbia creato alla Fabbri non pochi danni sul piano economico e, soprattutto, a livello d’immagine. Senza tracurare, poi, i disagi arrecati alle scuole e il lavoro affrontato dai rappresentanti costretti a girare tutta la penisola per recuperare i libri, farli correggere e poi riconsegnarli. Tutto lascia supporre che le tre autrici (Flavia Valeri, Natalia Chiodini e Rita Marzorati) abbiano inserito il proverbio osè al centro dello “scandalo” senza afferrarne l’effettivo significato o almeno senza immaginare che la sua traduzione letterale fosse del tutto diversa da quella riportata nel “Mappamondo 5”.
Una leggerezza che ha generato un caos indescrivibile. I motivi sono da immaginare. E non sono neppure pochi. Intanto il libro risulta in adozione in numerose scuole primarie della Calabria e di tutta Italia. I rappresentanti della Fabbri-Rizzoli hanno dovuto battere palmo a palmo l’intero territorio nazionale per ritirare tutte le copie in uso nelle quinte classi della Primaria. Nei giorni scorsi erano arrivati alla “Trentacapilli” di via Sant’Aloe, poi hanno proseguito il loro non breve percorso. Nei depositi calabresi della Fabbri-Rizzoli, in sostanza, nel volgere di pochi giorni, sono rientrati tutti i sussidiari in questione. Sono tutte copie dalle quali sono state eliminate le pagine contenenti errori per poi essere reimmesse nel circuito didattico.
A provocare il ritiro del libro dalle scuole è stato un proverbio inserito nella pagina dedicata alla Basilicata: <Lu quazz ca’ nun vol fott ric’ ca’ trova gli pil p’nnand». Un testo che le autrici traducevano in “ <Chi non vuol far niente riesce sempre a trovare una scusa>, mentre per genitori, scolari e maestri lucani letteralmente suonava : <Il c…o che non vuol far l’amore dice che trova i peli d’innanzi>. Un linguaggio non proprio consono alla bontà dell’insegnamento e che in Basilicata scatenava polemiche a non finire sino a provocare l’intervento di Francesco Mollica, presidente del consiglio regionale. C’è da sottolineare che nello stesso sussidiario la spiaggia di Scopello dalla provincia di Trapani veniva ricollocata nella provincia di Messina.