L’Asp lo aveva fatto costruire circa sei anni fa sul tetto di un’ala dell’ospedale con l’obiettivo di risparmiare energia elettrica, ma quell’impianto fotovoltaico, probabilmente, non è mai entrato in funzione. Composto da ben quarantaquattro moduli, di cui due subito esplosi e mai sostituiti, è rimasto l’ennesimo monumento allo spreco e alla superficialità con cui vengono gestiti i beni pubblici. Su quell’impianto ora ha posato la sua attenzione la Guardia di Finanza impegnata a quanto pare in un’indagine che dovrebbe interessare anche altre strutture ospedaliere della provincia. Nei giorni scorsi i finanzieri si sono presentati nel nosocomio per controllare da vicino i moduli fotovoltaici. Il loro sopralluogo è durato solo pochi minuti. Dopo aver preso atto delle condizioni dell’impianto, hanno rivolto domande a qualche dipendente e, quindi, si sono allontanati. Cosa bolla in pentola non è dato sapere, ma che sia in corso un’indagine mirata a far chiarezza sull’utilizzo dei pannelli fotovoltaici appare cosa certa. Il fatto che l’impianto, a sei anni dalla sua realizzazione, non sia ancora in funzione evidentemente ha richiamato l’attenzione delle Fiamme Gialle. Con quali risultati lo si vedrà.
D’altra parte, nel presidio ospedaliero di cose che non vanno per il verso giusto ce ne sono parecchie solo che i vertici aziendali sembrano guardare sempre da un’altra parte. Non a caso la stessa commissione straordinaria (Adolfo Valente, Michela Fabio, Nicola Auricchio), che dal gennaio 2017 sta gestendo l’ente comunale, la scorsa estate, nel corso di un incontro al quale erano presenti anche il direttore generale Angela Caligiuri ed il consigliere regionale Michele Mirabello, aveva segnalato le tante carenze dei servizi sanitari sollecitando tempestivi interventi. Come al solito, promesse tante, risultato nessuno. Negli ultimi tempi la situazione è precipitata e due furti nell’arco di 48 ore hanno evidenziato l’inesistenza di un qualsiasi sistema di sicurezza a tutela del presidio ospedaliero e delle sue attrezzature. Durante l’ultimo raid notturno, peraltro, sono state forzate tutte le porte dei vari ambulatori e portati via i computer. Nonostante il management aziendale avesse garantito un intervento immediato e l’installazione di due porte in ferro per impedire l’accesso notturno ai vari piani del nosocomio, a distanza di un mese non è cambiato nulla. I medici sono costretti a visitare i pazienti con le porte aperte e ad arrangiarsi in tutti i modi per sopperire alla mancanza dei computer. Ed i guai non sono solo questi. Due giorni fa s’è rotto l’unico apparecchio che esegue la moc e i tempi di riparazione potrebbero non essere brevi. Dallo scorso novembre, poi, il radiologo che prestava servizio nella struttura nicoterese è stato trasferito ad altra sede. Nessuno, però, s’è preoccupato di sostituirlo. Ma è proprio necessario costringere i cittadini alla protesta per vedere rispettato il loro diritto alla salute?