Mesima, barriere filtranti per ridurre velocità dei flussi e concentrazione di cariche inquinanti

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Il Mesima osservato speciale. E non solo a parole. Il Dipartimento infrastrutture, lavori pubblici e mobilità della Regione ha, infatti, affidato al Consorzio regionale di sviluppo delle attività produttive (Corap) il compito di redigere ed attuare un progetto per l’esecuzione di barriere filtranti all’interno dell’alveo del fiume che separa il Reggino dal Vibonese trascinandosi dietro, lungo il suo percorso, gli scarichi di 28 comuni quasi tutti privi di depuratori. I lavori sono stati finanziati per un importo pari a 136mila euro recuperati attingendo ai fondi ancora disponibili e afferenti il “Programma di efficientamento e rifunzionalizzazione degli impianti di depurazione delle stazioni di sollevamento dei reflui urbani ricadenti nei comuni costieri”. L’elaborato tecnico curato meticolosamente dall’ing. Filippo Valotta (Corap) in sinergia con i tecnici della Regione e dell’Unical, ha reso possibile un intervento di tipo sperimentale senza precedenti almeno per quanto riguarda il Mesima. In sostanza, a circa 400 metri dalla foce del fiume sono state create, con interventi di ingegneria naturalistica, due barriere filtranti in legno e pietrame distanti tra loro circa settanta metri, una a Nord del viadotto che collega il Vibonese col Reggino e l’altra a Sud. Il loro compito è quello di rallentare la velocità dei flussi d’acqua e diminuire la concentrazione della carica inquinante dando spazio ad un bacino di sedimentazione che, oltre ad essere sottoposto a monitoraggio continuo, viene assoggettato ad un trattamento biologico che favorisce la velocità di degradazione del carico organico e batteriologico.

Il progetto, con l’andar del tempo, prevede anche la piantumazione di essenze forestali in grado di creare una fascia tampone permanente in grado di rinaturalizzare l’alveo e filtrare le acque. Il monitoraggio delle barriere durerà sino alla fine di settembre allorchè verrà effettuata una valutazione complessiva degli effetti dell’intervento realizzato che, comunque, <è solo una prima parte – spiega l’ing. Valotta – di un progetto che dovrà essere molto più vasto>. Bisognerà, in sostanza, risalire l’asta fluviale, intensificare i controlli e avviare il collettamento dei liquami dei tanti comuni ancora sprovvisti di sistemi di depurazione. Al momento, i risultati ottenuti soddisfano la task force di tecnici scesa in campo per aggredire i mali del Mesima. In base agli studi effettuati e che sono alla base del progetto in corso di attuazione, la Regione punta a dare priorità assoluta alla tutela delle acque da qualsiasi forma di inquinamento con l’obiettivo di salvaguardare innanzitutto il mare e la salute pubblica. Viene, quindi, riconosciuta la situazione di degrado che da decenni investe il Mesima e che trova la situazione più delicata – e questo è un dettaglio da tenere ben presente – nell’ultimo chilometro del fiume con conseguenze preoccupanti sulla balneabilità delle acque del litorale e sull’economia della fascia costiera. In realtà, le colpe del mare sporco sino ad oggi sono state sempre riversate sul Mesima.

E nessuno nega che il corso d’acqua possa contribuire, in qualche misura, all’inquietante fenomeno che da oltre un decennio tormenta le popolazioni di San Ferdinando e Nicotera con ricadute devastanti sulle attività turistiche. Ci sono, probabilmente, anche altri aspetti da valutare così come va tenuto presente il contenuto della convenzione tra Regione e Corap che sofferma l’attenzione sull’ultimo tratto del corso d’acqua. Sino all’anno scorso s’è cercato di tamponare la situazione provvedendo a sbarrare, in maniera artigianale e con risultati alterni, la foce del fiume. Quest’anno s’è scelto un percorso diverso e più efficace anche se, di certo, non risolutivo. La situazione del litorale nicoterese appare, comunque, nettamente migliorata rispetto al recente passato. Il mare ha recuperato la sua cristallinità e le fioriture algali sembrano aver completato il loro processo esistenziale. Comincia a fare capolino la speranza che la situazione possa definitivamente cambiare.

Pino BrosioAuthor