Sul sagrato della Cattedrale, si muove tra le gente anche mons. Peppino Fiorillo, referente di Libera nel Vibonese. La sera precedente aveva preso parte alla fiaccolata in ricordo di Francesco Prestia Lamberti, vittima di un gesto violento, e, ieri pomeriggio, non ha voluto mancare al suo corteo funebre. Sul suo volto i segni di un profondo turbamento. <La morte di questo ragazzo – afferma – colpisce non solo Mileto, ma l’intero circondario. Tutta questa folla testimonia la gravità di quanto accaduto. Tanto ieri sera che oggi – spiega – la gente s’è mossa con compostezza, in silenzio e questo è un fatto raro. E’ segno che il messaggio di dolore è passato>. Si guarda attorno, vorrebbe confortare tutti, uno ad uno. <La società c’è – dice – speriamo che resti con questi sentimenti. Il dramma è che, passata questa grande emozione, ci dimentichiamo di tutto. Dobbiamo riprendere il filo discorso>.
E c’è un timore che aleggia nelle sue parole. <Se non siamo un esercito unito – ammonisce – saremo tutti sconfitti. Nell’arco di poco tempo questi strumenti di comunicazione moderni ci distruggeranno>. E sono considerazioni che don Fiorillo esprime con piena convinzione. Anzi, per dare più peso alle sue parole, richiama gli scritti di Alexis Carrel. <Negli anni Trenta – rimarca – il filosofo francese, guardando l’evoluzione dei mezzi di comunicazione del tempo, ebbe a dire una cosa semplicissima: Quando questi nuovi strumenti avranno il sopravvento sull’uomo, per l’uomo sarà la fine. E forse ci siamo già>. Ma come venir fuori da questa fase così delicata? Per monsignor Fiorillo non ci sono alternative. <Dobbiamo riprenderci la vita – sostiene – e per farlo bisogna ripartire da momenti tristi e dolorosi come questo. Quello che ci passa per la testa oggi e che ci porta su questo sagrato deve essere coltivato anche domani e portato a risultati concreti>.
Nelle sue parole si coglie soprattutto la preoccupazione per un mondo giovanile carico di problemi perché <questi ragazzini – continua – percepiscono il valore della vita solo quando un caro amico se ne va, poi riprendono a vivere pericolosamente. Tra loro non c’è comunicazione, non c’è dialogo. La verità è – conclude – che dovremmo farci tutti un esame di coscienza, chiederci dove stiamo andando e, soprattutto, cosa abbiamo fatto per evitare che attorno a noi accadano fatti così atroci>. Il suo pensiero si collega pienamente con quanto don Salvatore Cugliari ha asserito nella sua omelia ribadendo che <oggi si pone il problema di un’educazione seria delle nuove generazioni> perché <mancando la responsabilità educativa, gli esiti sono la degenerazione, il disagio di vivere e convivere e, a volte, anche la morte>.