La “Sogefil story” si arricchisce di un altro capitolo. Dal campo penale si passa a quello civile. Dopo la conclusione del processo davanti al Tribunale di Cosenza, che avrà un sicuro seguito in appello, la partita si sposta davanti al Tribunale di Catanzaro in quanto sede di avvocatura dello Stato. Diversamente si sarebbe tenuto a Vibo. La disciolta amministrazione comunale guidata da Franco Pagano aveva, infatti, citato in giudizio per danni la commissione straordinaria, che ha gestito l’ente dall’agosto del 2010 alla fine dell’ottobre 2012, nonché il ministero dell’Interno che detta commissione aveva nominato. Alla base dell’instaurarsi del procedimento civile c’è da parte del Comune la richiesta di un risarcimento di 3 milioni e 600mila euro. La prima udienza davanti al Tribunale di Catanzaro, in sostanza, non s’è tenuta ed è stata rinviata al prossimo 4 maggio. In ogni caso, le parte citate in giudizio si sono tutte costituite compreso il ministero dell’Interno. Il rinvio, comunque, ha una sua precisa motivazione.
Il Tribunale, d’ufficio, ha dovuto adottare il provvedimento perché una delle parti in causa, la commissione straordinaria, ha avanzato la richiesta di chiamata in garanzia di un terzo ossia della Eticofidi, la società che aveva consegnato al prefetto in quiescenza Marcello Palmieri, responsabile della stessa commissione straordinaria, tre polizze fidejussorie alla prova dei fatti risultate fasulle. La richiesta, legittima a tutti gli effetti, allarga il campo d’azione, mira ad alleggerire ogni presunta responsabilità personale e tira in gioco un’altra protagonista dell’intricata vicenda. Di primo acchitto, s’avverte la sensazione di un indiretto riconoscimento della bontà delle pretese dell’ente comunale solo che a pagare non deve essere, secondo Palmieri, la commissione straordinaria, bensì la società che, rifilando tre polizze fasulle, non aveva offerto le garanzie previste. In effetti, nel periodo compreso tra l’agosto 2010 e l’ottobre 2012, la vertenza Sogefil-Comune ad un certo punto sembrava essersi sbloccata.
La Sogefil riconosceva di dover pagare all’ente, per il periodo sottoposto a verifica, la somma di 3milioni e 600mila euro. Veniva varato un piano di rientro e l’importo accertato e dovuto veniva distribuito in 50 rate da pagare in cinque anni: dieci rate da 60mila euro il primo anno e dieci rate da 80mila euro per i quattro anni successivi. Per maggiore tranquillità, veniva concordata la consegna da parte della Sogefil di tre polizze che dovevano essere rilasciate dalla “Crediconsumo” società abilitata a tale operazione e sulla quale l’ufficio espletava tutti gli accertamenti del caso. La commissione guidata da Palmieri, invece, accettava senza obiettare nulla tre polizze rilasciate dalla Eticofidi sulla quale non veniva effettuata alcuna indagine anche perché l’area contabile, in questa fase, non veniva in alcun modo coinvolta. Poichè la Sogefil sin da subito non rispettava gli impegni, venivano attivate le tre polizze fidejussorie. Fatica inutile perché le stesse risultavano fasulle. Banca d’Italia informava, infatti, il Comune che la Eticofidi non era abilitata al rilascio di polizze agli enti pubblici. Una mazzata che lasciava il segno. Il Tribunale sicuramente vorrà capire perché le polizze siano state rilasciate da Eticofidi e non da Crediconsumo per come inizialmente stabilito. Dipanare la matassa non sarà cosa semplice, ma tutto ruota attorno a questo passaggio.