“Le pedagogie della prevenzione nel contrasto alla criminalità”: ruotano attorno a questa delicata tematica lavori del primo seminario formativo che nella mattinata di ieri ha avviato l’anno didattico 2017 dell’Università dell’Antimafia ubicata in un bene confiscato alla ‘ndrangheta. Un argomento impegnativo che i relatori alternatisi al tavolo della presidenza affrontano con concetti chiari soprattutto per rendere costruttivo l’approccio con i tanti studenti degli istituti superiori di Laureana di Borrello, Rosarno e Nicotera presenti all’incontro. Assente il procuratore Marisa Manzini trattenuto in sede da impegni istituzionali, a introdurre i lavori, coordinati con la consuetà abilità dalla dirigente scolastica Mariarosaria Russo, è Adriana Musella, presidente dell’associazione nazionale antimafia “Riferimenti”.
Parole di soddisfazione le sue per salutare i risultati di un progetto serio che comincia a concretizzarsi, ma anche accenti critici contro la giustizia spettacolo che distrugge la vita dei cittadini il più delle volte impossibilitati a difendersi; tanto lavoro per arrivare il più delle volte al fatidico “il fatto non sussiste”, formula che mortifica il diritto di tutti ad essere garantiti. La Musella, nell’esaltare il ruolo di Confapi che ha donato al Centro studi “Gerbera gialla” tutto l’arredo necessario per far funzionare il residence che dovrà ospitare gli studenti a partire dal prossimo marzo, non esita a rinnovare il suo “j’accuse” contro le istituzioni calabresi che non hanno offerto alcun sostegno al Centro. Indice puntato soprattutto contro la Regione sempre assente e contro la politica <che in questa regione non parla di ‘ndrangheta, ma insegue solo passerelle. Il nostro progetto viene sostenuto solo da fuori Calabria>.
A parte l’Unical, l’istituto “Piria” di Rosarno e la Confapi, uniche realtà calabresi ad operare a sostegno dell’Università dell’Antimafia, il progetto destinato ad irradiare la cultura della legalità annovera, in effetti, tra i suoi partners l’università Cattolica di Milano, l’associazione “Premio Giorgio Ambrosoli” e l’associazione “Antonino Caponnetto”. Quando l’attacco della responsabile di “Riferimenti” alle istituzioni va in archivio tocca ad Assunta Bonanno, docente dell’Unical, illustrare tutte le attività programmate dall’ateneo calabrese per favorire il dialogo tra la struttura limbadese, le istituzioni e gli studenti. Un progetto sostanzioso che, sotto l’occhio vigile del rettore Gino Crisci, viene sviluppato senza affidare nulla al caso.
Suscitano l’attenzione degli studenti tanto l’intervento di Fabio Gallo, direttore del “Gruppo editoriale comunicare Italia” che quello di Concettina Siciliano, direttore Istituto anticorruzione, molto attenta nello spiegare ai giovani il dilagante fenomeno della corruzione. Poi, in cattedra, sale il senatore Nico D’Ascola, presidente della commissione Giustizia del Senato. Parla di “Certezza della pena e garantismo”. Una lectio magistralis che l’insigne giurista reggino rivolge soprattutto agli studenti ritenuti <punto di ripartenza per la ricostruzione della società>. Citando Lenin, Kant ed Hegel, spiega loro come il modello di pena assoluto sia ormai superato perchè lo Stato tende a relativizzare il tutto. Superato, cioè, il processo di ricognizione ordinaria che si conclude con la condanna, inizia, nel rispetto del dettato costituzionale, un processo di sorveglianza mirato soprattutto alla rieducazione.
La certezza della pena cede il passo al garantismo, lo Stato autorevole diventa Stato liberale. D’Ascola, da noi sollecitato, affronta anche il problema della riforma del Codice antimafia. <Il disegno di legge depositato al Senato – dice – prevede modifiche sul versante dell’utilizzazione economica dei beni confiscati e della loro destinazione sociale. Gli emendamenti – aggiunge – sono stati depositati. Tra fine gennaio e inizio febbraio porterò il testo in approvazione>.
Per la riqualificazione e la ristrutturazione dei beni confiscati alla ‘ndrangheta e che oggi ospitano l’Università dell’Antimafia lo Stato ha investito oltre due milioni di euro e non sembra disponibile ad affrontare ulteriori spese. A farsi carico delle esigenze più urgenti ora è il Comune, mentre a completare l’arredo del residence è intervenuta la Confederazione italiana media e piccola industria presieduta da Francesco Napoli. <Sino ad oggi – sostiene il sindaco di Limbadi Pino Morello – gravano sul Comune bollette Enel, pulizia, assistenza tecnica, manutenzione, telefoni. Abbiamo speso, complessivamente, circa 60mila euro, ma se il ministero non ci dà una mano tutto diventa più difficile. Certo il ritorno d’immagine è notevole. Limbadi non è più protagonista della cronaca, ma si candida a diventare faro culturale e centro di legalità>.
A rendere possibile l’attivazione del residence destinato ad ospitare gli studenti sta contribuendo la Confapi. Durante i lavori del primo seminario 2017, la segretaria della Confederazione, Graziella D’Acri, ha consegnato ad Adriana Musella parte del materiale necessario per l’attivazione del residence ribadendo, tra gli applausi dei presenti, l’impegno a favore della legalità.