Il Consiglio dei Ministri ha sciolto per la terza volta in dieci anni l’assemblea comunale, che, in sostanza, non era più in carica dopo le dimissioni presentate dal sindaco Franco Pagano. Nicotera, inesorabilmente, diventa capitale di mafia. Anzi, la città più mafiosa d’Italia. Altri nove comuni (Casal di Principe, Casapesenna, Grazzanise, Melito Porto Salvo, Misilmeri, Roccaforte del Greco, San Cipriano d’Aversa, San Ferdinando e Taurianova) vantano lo stesso non invidiabile primato, ma nessuno lo aveva maturato in così breve lasso di tempo. La richiesta era partita dal prefetto Carmelo Casabona lo scorso 12 settembre. Il calvario della città continua. Dopo Princivalle Adilardi (2005) e Salvatore Reggio (2010), l’onta dello scioglimento arriva anche con la gestione Pagano. Nelle prossime ore saliranno le scale del Comune per andare ad insediarsi nella stanza dei bottoni i tre commissari straordinari che per diciotto mesi, salvo proroghe, si faranno carico della gestione dell’ente. A cedere loro la poltrona sarà l’attuale commissario prefettizio Lucia Iannuzzi che dallo scorso 25 ottobre era subentrata al sindaco dimissionario. La decisione del Consiglio dei ministri arriva a conclusione del lavoro della commissione d’accesso agli atti nominata l’1 febbraio 2016 e che per sei mesi ha spulciato carte e valutato situazioni. Facile prevedere che le negatività riscontrate non si discosteranno di molto rispetto a quelle del passato. Negatività legate a condizionamenti della criminalità organizzata, irregolarità negli atti amministrativi, frequentazioni sbagliate da parte di qualche amministratore. Probabilmente, ha avuto un peso non indifferente la vicenda dell’elicottero. Nicotera perde gli organi elettivi per affrontare un altro lungo periodo di sospensione della democrazia. Un altro salto nel buio, un altro schiaffo violento all’immagine della città che ancora una volta paga un prezzo troppo alto per il persistere di fenomeni la cui soluzione grava sì sui cittadini, ma dovrebbe vedere in prima linea anche le istituzioni. La gente, amareggiata e delusa, ora s’aspetta davvero che lo Stato, anzichè continuare a guardare dalla finestra, si metta in prima linea con interventi mirati e intelligenti che sappiano rilanciare il territorio a livello socio-economico-culturale creando, in primis, sviluppo e occupazione.
Insomma, una città in ginocchio. La terza batosta consecutiva in undici anni non se l’aspettava più nessuno. Dimessosi il sindaco Franco Pagano, decaduto automaticamente l’intero consiglio comunale e insediatosi il commissario prefettizio, tutto sembrava muoversi in direzione di un respingimento della proposta di scioglimento avanzata dal prefetto Carmelo Casabona. Roma, invece, brilla per la sua inflessibilità. Il Consiglio dei ministri, infatti, su proposta di Angelino Alfano, titolare del Viminale, ha decretato lo scioglimento di un consiglio già autodissoltosi e, comunque, non più in carica. Lunedì prossimo, con ogni probabilità, la triade commissariale busserà alle porte di Palazzo Convento, sede municipale, dove dovrebbe esserci lo scambio di consegne col commissario prefettizio Lucia Iannuzzi. Potrebbe anche non essere così, anzi l’arrivo della commissione straordinaria potrebbe slittare di qualche giorno perchè non essendoci un’amministrazione in carica, verrebbe meno l’esigenza dell’immediato insediamento. L’attenzione, comunque, tende già a concentrarsi sui contenuti della relazione che il prefetto Casabona ha posto a base della sua proposta di scioglimento. Tutto lascia pensare che nella stessa ci siano elementi di seria responsabilità a carico degli ormai ex amministratori. Elementi ai quali s’è, di certo, aggiunta, successivamente, la vicenda dell’elicottero atterrato nel centro storico con a bordo una coppia di sposini freschi d’altare. Proprio in quei giorni, dalla sede dell’Ufficio territoriale del Governo trapelava la notizia della proposta di scioglimento inviata al Viminale dal prefetto Casabona a seguito delle negatività individuate nella gestione dell’ente dalla commissione d’accesso. Veniva, inizialmente, esclusa ogni forma di collegamento con la vicenda dell’elicottero anche se il prefetto Casabona, nell’immediatezza dei fatti, convocava un Comitato per l’ordine e la sicurezza affidando ai militari dell’Arma il compito di redigere una dettagliata relazione sull’accaduto per inviarla al ministro Alfano.
L’atterraggio dell’elicottero in Largo Roberto il Guiscardo scatenava, peraltro, l’attenzione dei media a livello nazionale e internazionale gravando come un macigno sulle sorti dell’amministrazione sino a spingere il sindaco Franco Pagano a gettare la spugna. Il suo gesto, tuttavia, non è servito a smorzare l’attenzione di Prefettura e ministero dell’Interno concordi nel sancire il duro provvedimento a carico di una comunità da anni afflitta da una marcata crisi socio-economico- culturale. Per certo, il clima preelettorale che sino a poche ore fa sembrava essersi impadronito di forze politiche, movimenti e associazioni, è scemato improvvisamente. Il convincimento che si potesse andare al voto in primavera è crollato di colpo. Ora, se tutto va bene, i cittadini torneranno al voto nella primavera del 2018. Dipende da quando si insedieranno i commissari straordinari. Più tarderanno più sarà alta la possibilità che il ritorno alle urne slitti all’autunno successivo nella tornata riservata ai soli comuni sciolti per mafia. Qualora dovesse esserci una richiesta di proroga, si andrebbe al voto addirittura nella primavera del 2019. In altre parole, si profilano, ancora una volta, due anni di sospensione delle istituzioni democraticamente elette. Due anni durante i quali la politica, quella vera, dovrà rimanere in prima linea e vigilare anche per evitare che a dominare il campo rimanga la politica “vigliacca”, quella fatta, in particolare, di lettere e volantini anonimi e strampalati, retaggio di una sottocultura portatrice di interessi prettamente personali e poca attenta agli interessi della collettività. L’ex sindaco Franco Pagano si era insediato il 30 ottobre del 2012 a conclusione di una campagna elettorale che, alla guida della lista “Un patto per la legalità”, lo aveva visto in competizione con altri quattro schieramenti. La sua affermazione elettorale era stata netta e la squadra amministrativa che ne veniva fuori era la sintesi di un accordo elettorale siglato tra centrodestra e centrosinistra. Il cammino della Giunta Pagano si rivelava non facile. Strada facendo perdeva, con diverse motivazioni, gli assessori Pino Marasco, Salvatore Cavallaro e Pina Lapa, mentre il consigliere Pino Arfuso lasciava la maggioranza per costituirsi in gruppo indipendente. Tutti passaggi che, comunque, non impedivano a Pagano di portare avanti la macchina amministrativa sino all’amaro epilogo dei giorni scorsi.
In undici anni, Nicotera ha conosciuto l’onta dello scioglimento degli organi elettivi per tre volte consecutive. Un record non invidiabile che ne mette in ombra storia, cultura, tradizioni evidenziando, tra l’altro, i limiti della legislazione vigente in materia. I guai cominciano nell’agosto del 2005. Prefetto Mario Tafaro, ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, il Consiglio dei ministri, presieduto da Gianfranco Fini, manda a casa, per infiltrazioni mafiose, il sindaco Princivalle Adilardi (An), la Giunta ed il consiglio comunale dopo aver preso atto del lavoro svolto dalla commissione d’accesso. A palazzo Convento arriva una triade commissariale guidata dal prefetto in pensione Marcello Palmieri e composta dal viceprefetto di Matera, Vittorio La Polla, nonchè dal dirigente pure in quiescenza Gerardo Bisogni. I ricorsi di Adilardi contro il decreto di scioglimento non sortiscono effetto alcuno. La commissione straordinaria rimane alla guida dell’ente comunale sino alla primavera del 2008.
Per il ripristino della democrazia, i cittadini si preparano a tornare alle urne. La campagna elettorale vive momenti di confusione. Tanti i gruppi che lavorano per dar vita ad una lista, ma sulla linea del traguardo si presenta un solo schieramento. S’innescano feroci polemiche. La lista guidata da Salvatore Reggio supera lo scoglio del quorum dei votanti e prende in mano le redini del Comune. Strada facendo, però, all’interno della compagine amministrativa affiorano dissensi e malumori. Nella sua squadra c’è chi si dimette da assessore e chi anche da consigliere. A completare l’opera, a palazzo Convento arriva nuovamente la commissione d’accesso agli atti inviata dal prefetto Maria Luisa Latella. Parte di nuovo la proposta di scioglimento dell’ente. Questa volta per <condizionamenti mafiosi>. Proposta che viene accolta per cui nell’agosto del 2010 alla porta del Comune si presenta, con non poca sorpresa, il prefetto in pensione Marcello Palmieri affiancato dal viceprefetto di Vibo Valentia Eugenia Salvo e dalla dirigente Angela Diano. Anche in questa occasione, sindaco e consiglieri “defenestrati” percorrono tutto l’iter processuale alla ricerca di una “riabilitazione” che non arriva. Nicotera si sgretola sotto il peso di un provvedimento che smorza le speranze di un futuro diverso. L’attività della triade commissariale non rimuove i mali della città. Tutte le scelte sulle questioni più delicate (Piano strutturale, porto, case popolari, piano spiagge, ecc.) vengono ancora una volta demandate all’amministrazione che verrà ossia a quella di Franco Pagano. Il neoeletto sindaco dà il via alla sua legislatura bloccando i concorsi indetti dalla commissione straordinaria e portando in Procura la pratica della Sogefil.