La commissione di accesso agli atti, nella tarda mattinata di ieri, ha varcato per la terza volta in dieci anni il portone di palazzo Convento. Il decreto d’insediamento reca la firma del neo prefetto di Vibo Valentia, Carmelo Casabona, ma, probabilmente, l’iniziativa è da ascrivere al suo predecessore Giovanni Bruno. La commissione, composta dal viceprefetto aggiunto Roberto Micucci, dal primo dirigente della Polizia di Stato, Ettore Cecere e dal comandante della Compagnia dei Carabinieri di Tropea, il capitano Francesco Manzone, avrà il compito di prendere visione ed esaminare i numerosi atti emanati a partire dal 2012 da parte dell’attuale amministrazione guidata dal sindaco Franco Pagano per accertare possibili irregolarità ed eventuali ingerenze della criminalità organizzata nell’attività dell’Ente. Si prevedono, quindi, sei lunghi mesi di indagini prima di conoscere il destino del comune tirrenico.
Dall’ottobre 2012, Pagano e la sua lista civica “Patto per la legalità”, sono alla guida della città. L’insediamento, però, non è stato dei più semplici. Da subito la nuova amministrazione ha trovato un ente al capolinea economico, una pesante situazione finanziaria ereditata dalla terna commissariale a causa della Sogefil, la società che per anni si era occupata, per conto dell’Ente, della riscossione dei tributi municipali, con somme riscosse e, dal 2008, mai versate nelle casse comunali per una cifra di circa otto milioni di euro. La nuova amministrazione ha dovuto affrontare molteplici problematiche, la macro-emergenza spazzatura, l’atavica situazione delle acque sporche del mare, la questione sanità, l’opportunità Dieta mediterranea passata dai fasti iniziali al concreto rischio di un definitivo scippo. E, poi, le continue spoliazioni di una cittadina ormai rassegnata al definitivo tracollo, la chiusura della Brigata della Guardia di Finanza di Marina e dell’ufficio del Giudice di Pace, la soppressione del Cilo, le chiusure degli uffici postali delle frazioni. Circostanze queste, contro le quali Pagano e la sua coalizione, insieme al supporto dei gruppi di minoranza, ha sempre combattuto giungendo in numerosi casi ad emettere documenti di denuncia inviati alle istituzioni competenti nelle varie materie di scontro.
Tanti alti e bassi, quindi, ma sicuramente il momento più buio per l’intera città e l’amministrazione tutta è rappresentato dal grave atto intimidatorio perpetrato ai danni del primo cittadino, il 27 giugno 2013, quando oltre trenta colpi di kalashnikov sono stati esplosi contro la sua abitazione. Un gesto di inaudita efferatezza che poteva avere conseguenze ben più gravi. Chi sia stato e perché ancora oggi rimane un mistero. Come un mistero rimane il maxi furto compiuto a novembre 2015 all’interno dell’immobile confiscato alla mafia denominato “Elefante rosso” ubicato nella frazione Marina. Un’intera strumentazione musicale acquistata grazie ai finanziamenti Pisr del valore approssimativo di circa 150mila euro sottratta all’interno del fabbricato confiscato alla cosca Mancuso di Limbadi; un atto criminale percepito come sfregio alla città perchè compiuto nei confronti di un bene e di una strumentazione rivolti alla formazione musicale delle giovani generazioni.
Inevitabili in questi anni, nell’ambito della dialettica politica, “momenti di tensione” in seno alla maggioranza, come nel caso delle dimissioni degli assessori Pina Lapa e Giuseppe Marasco, così come in seno alla minoranza, le dimissioni del consigliere Anna Maria Giofrè e dell’intera lista “Nicotera futura”. L’ultimo anno di Pagano e della sua amministrazione è caratterizzato dall’avvio di numerosi lavori nel capoluogo e nelle frazioni, nonché dal rilancio del progetto per la realizzazione del porto turistico e dall’impegno mirato alla riapertura della struttura “ex Valtur”. L’arrivo della commissione d’accesso non è cosa da poco. Si paventa, per il comune tirrenico il rischio di un terzo scioglimento, un’onta che di certo non aiuterebbe la città ad uscire da uno dei momenti più difficili della sua storia. Un amaro “record” visto che, nel resto d’Italia solo sette comuni sono stati sciolti tre volte. Ad essi si aggiungono in Calabria Platì e Taurianova.
A ricevere la notifica un amareggiato sindaco Franco Pagano. <Prendiamo atto dell’arrivo della commissione di accesso con assoluta tranquillità – afferma – ritenendo di aver sempre operato nel rispetto della legalità e della trasparenza. Attendiamo fiduciosi l’esito delle verifiche, ma, nel contempo, non abbiamo nulla da temere dalla verifica degli atti prodotti da questa amministrazione comunale. Rispettiamo con doveroso senso di responsabilità istituzionale le determinazioni assunte dalla Prefettura consapevoli di aver sempre svolto il nostro mandato nella totale osservanza delle leggi e dei principi di legalità, della trasparenza e della buona amministrazione. Continueremo a svolgere le funzioni che ci sono state attribuite dai cittadini di Nicotera con serenità e nell’esclusivo interesse della città>.
Il primo accesso agli atti risale al 2005, quando l’amministrazione guidata dal sindaco Princivalle Adilardi (An) e retta da una coalizione di centro destra insediatasi a palazzo Convento nella primavera del 2001, viene sciolta per condizionamenti mafiosi sulla scorta degli esiti degli accertamenti della commissione nominata dall’allora prefetto di Vibo Valentia, Mario Tafaro, su delega del ministro degli Interni del tempo Giuseppe Pisanu. Nell’arco di 45 giorni la commissione passava al setaccio tutti gli atti amministrativi arrivando ad individuare, evidentemente, elementi di gravità tali da indurli a redigere una relazione conclusiva dai contenuti inequivocabili. Veniva, quindi affidata, la gestione del comune ad una commissione straordinaria composta da Vittorio La Polla, Gerardo Bisogno e Marcello Palmieri che operavano fino alla primavera del 2008. Alle elezioni del 2008 si presentava una sola lista “Nicotera democratica” guidata da Salvatore Reggio. Nell’ottobre del 2009 l’allora prefetto di Vibo Valentia, Luisa Latella, disponeva l’invio di una nuova commissione d’accesso agli atti. A conclusione dei lavori di controllo, il Consiglio dei ministri, su richiesta avanzata dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni, decretava il secondo scioglimento per “forme accertate della presenza di condizionamenti da parte della criminalità organizzata”. Nell’agosto 2010 la gestione dell’ente passava nelle mani di una commissione straordinaria composta, oltre che dal prefetto a riposo Marcello Palmieri, da Eugenia Salvo ed Angela Diano. Un ritorno quello di Palmieri alquanto strano e letto in mille maniere dall’opinione pubblica.