L’inferno dei precari infiamma tutta l’Italia. A migliaia stanno sbattendo contro lo spettro della disoccupazione. Rabbia, disperazione, paura, dubbi, sospetti aleggiano dappertutto. Il Vibonese offre il suo contributo di disperazione con oltre cento venuti meno tra personale docente e personale Ata.
Della gravità della situazione sembrano essersi resi conto tanto il Consiglio dei ministri che la varie Regioni, Calabria compresa. Si cerca di correre ai ripari, ipotizzando provvedimenti tampone che mirano a smorzare la rabbia di chi è rimasto escluso, almeno per l’anno scolastico 2009-10. Il futuro dei precari, però, rimane nero come la pece. In provincia la scure dei tagli s’è abbattuta, soprattutto, sul personale Ata e sulla scuola secondaria di primo grado. Rispetto all’anno scorso sono venuti meno, per quanto riguarda il comparto Ata, 39 posti di collaboratore scolastico e 11 di assisteste tecnico, mentre sono stati attribuiti un incarico in più di assistente amministrativo e uno in più di guardarobiere. Il saldo negativo si attesta su 48 posti in meno. Situazione non meno grave tra il personale docente della scuola secondaria di primo grado. Per il 2009-10 sono stati assegnati 65 incarichi di strumento musicale, 3 in più rispetto al 2008. Ma c’è una differenza che non va assolutamente trascurata. L’anno scorso gli incarichi erano quasi tutti con cattedra completa, quest’anno sono tutti a 16 ore o con spezzoni di poche ore. Un accorgimento che garantirà l’attribuzione del punteggio per il servizio prestato, ma che, nello stesso tempo, immiserisce le tasche di chi lavora e ha famiglia da mantenere. In tutte le altre classi di concorso messe assieme, gli incarichi annuali sono stati 42 a fronte degli 86 assegnati l’anno scorso. Un saldo negativo di ben 44 posti. Comprensibile la tensione che serpeggia tra quanti per anni hanno potuto contare su un posto di lavoro e ora, improvvisamente, si trovano a fare i conti con una realtà davvero amara.
Brutta situazione anche nella secondaria di secondo grado. Qui le cattedre messe a disposizione dei docenti precari sono state 56 contro le 81 del 2008. Ad alleviare la situazione c’è il fatto che sono stati assegnati anche 24 spezzoni di poche ore. Si naviga in brutte acque anche per quanto riguarda il sostegno. In questo settore il malumore dei docenti è sfuggito ad ogni controllo rendendo necessario l’intervento alla “Don Bosco” – dov’erano in corso le operazioni di nomina da parte dei funzionari dell’Usp – delle forze dell’ordine. Complessivamente, sono saltati oltre cento posti di lavoro. Oltre cento docenti che ora non sanno a che santo votarsi, perché quasi tutti hanno superato le cinquanta primavere ed hanno una famiglia da mantenere e le rate del mutuo, il fitto e le bollette da pagare a fine mese. Per chi ha una laurea che consente l’accesso alle libere professioni si può pensare ad una riconversione del posto di lavoro.
Diventa drammatico, invece, il futuro di chi, in possesso di laurea in lettere o altre similari, si trova improvvisamente a dover reimpostare la propria vita con prospettive non certo rosee in una provincia dove la perdita di oltre cento posti di lavoro diventa un problema serio e senza soluzione. Di fronte allo scenario che vede la rabbia dei precari esplodere dal Nord al Sud della penisola, il Consiglio dei ministri ieri ha cercato di correre ai ripari individuando delle forme di intervento – i cosiddetti contratti di disponibilità – mirati ad alleviare i disagi di chi è rimasto fuori dagli incarichi.
Il Governo pensa, infatti, a un’indennità di disoccupazione per i precari e a una via preferenziale nell’assegnazione delle supplenze brevi. È previsto anche un accordo con l’Inps per semplificare al massimo tutte le procedure che normalmente accompagnano la fine di una supplenza e l’avvio di quelle successive. In sostanza, ogni precario disoccupato dovrebbe percepire circa mille euro per otto mesi all’anno. Per quelli che hanno superato i cinquant’anni, invece, l’indennità dovrebbe essere goduta tutti mesi. Anche la Regione dovrebbe varare un piano di interventi, attingendo risorse dai fondi Por e Pon per alimentare progetti all’interno dei quali far lavorare i precari disoccupati, riconoscendo loro anche il punteggio per il servizio svolto. Qualcosa si muove, insomma, anche se non può bastare a placare la rabbia di chi non intende bruciare la professionalità acquisita in decenni di impegno nelle aule scolastiche per far quadrare i conti dello Stato.