Le lacrime della gente sul feretro di Francesco

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L’addio a Francesco Prestia Lamberti, il sedicenne ucciso da un suo coetaneo e amico fraterno, riempie una delle pagine più tristi della storia della capitale normanna. La Cattedrale gremita in ogni suo angolo, il sagrato antistante la chiesa occupato da una folla immensa. Ci sono tantissimi giovani muniti di palloncini bianchi e azzurri e in silenzioso raccoglimento attorno ad una gigantografia del loro sfortunato amico che ricordano indossando una foto con sul petto stampata la sua immagine. La commozione è tanta. Quando alle 15,30, la bara di Francesco, fasciata dalla stessa maglietta bianca indossata dai suoi amici e da quella con i colori della Miletese calcio, lascia per l’ultima volta la casa di via Ospedale, gli applausi delle centinaia di persone presenti rimbombano per vicoli e vie. Il corteo si dirige lentamente verso la Cattedrale.

In testa, oltre ai parroci delle chiese miletesi, i compagni di classe di Francesco e di suo fratello, nonchè docenti e dirigenti scolastici, il sindaco Antonio Crupi e altri sindaci dei comuni limitrofi. C’è anche una nutrita rappresentanza della comunità islamica. A rappresentare lo Stato, il capitano Piermarco Borettaz, comandante della Compagnia dei carabinieri di Vibo, e il maresciallo Alessandro De Muro, comandante della locale caserma. Poi, sull’altare, la concelebrazione della santa messa. L’omelia di don Salvatore Cugliari si veste di significati profondi. Invita tutti a non farsi sopraffare dal male <per dare un senso alla morte di Francesco>.

  Si rivolge ai giovani. <Amatevi gli uni gli altri – dice – perché la morte di Francesco vi ricorderà quanto è importante imparare ad amare. Lui ora continuerà a vivere tra noi e noi lo sentiremo vivo>. E non manca il monito ad essere più concreti perché <non basta – sottolinea – commemorare Francesco sui social, dobbiamo imparare ad amare veramente. Siamo troppo spinti – prosegue – a vivere emozioni momentanee sino a volere una vita spericolata. Ma l’amore è una cosa seria. Non bastano emozioni, ci vuole anche la mente, un progetto di vita>.

In realtà <si pone – rimarca don Salvatore – il problema di un’educazione seria delle nuove generazioni> perché <mancando la responsabilità educativa, gli esiti sono la degenerazione, il disagio di vivere e convivere e, a volte, anche la morte>. La scomparsa del sedicenne <sia un richiamo – conclude il parroco – alle nostre responsabilità di tornare ad educare, che toccano la famiglia, la Scuola, la Chiesa, lo Stato. Francesco oggi tu ci unisci e noi, davanti a te, ci impegniamo affinché il tuo ricordo ci renda tutti migliori>.

Pino BrosioAuthor